sabato 22 dicembre 2012
DIAMANTI AL MERCURIO
Dei diamanti al mercurio si odiava la parola. Condannati sulle rive del fiume facevamo il teatro. Per gloria, che non arrivava mai; e allora ci occupavamo di fantasmi. Ora, nei diciassette anni che vissi molti furono i sogni che Dio mi mandò; essi modificano i pensieri, la persona, il sangue. Quante volte ho creduto di soccombere, la violenza che ho subito e percosso. La sofferenza è critica. Chi ha provato il sospiro della speranza, e il pensiero del buio, lo sa. Mio nonno, mio nonno dorme il sonno eterno nel cimitero della Bastia, quante volte questa frase si è imposta, come l’eco sordo si una campana sepolta. Quante porte aperte e chiuse, di un edificio nebuloso e alto erano implicate in questo. Oserei dire che l’armonia contempla tutti gli esseri. E per via di fantasia trovare alcune simmetrie, inspiegabili con le parole. Comune senso del gaudio ombro una verticale spezzata nel testo lacerato. Ciò rende tutto unanime. Noi condannati ci siamo persi all’imbrunire del sonno. Solo gli alligatori sopportano la corsa del tempo, non la mia memoria. Corrente si scarica nei fiumi celesti. A volte penso che siano le condizioni del quieto vivere a dettar legge circostanze maliziose fresche e perentorie di inusitata bellezza, mai prova falsa vi fu.
Pensiamo al corpo giovane di una donna o di un uomo alle sue spalle rette e quadrate alla luce degli occhi. Ho il cuore piccolo per queste cose e le parentesi contrapposte formano il volto di una donna, una stella a destra, e una luna a sinistra sotto un tacco formano un presepe. Io mi volgo a te Signore per nutrire il mio corpo con il tuo spirito, non ho altri documenti che il dolore. La campagna è dietro l’angolo.
Il mio secondo nome è inammissibile, l’arsione del tempo freddatosi dentro di me col tempo d’uno specchio rotto si deve rimarginare. Brucia qualcosa nel mio corpo.
Qualche ragazza mi mulina in testa due forse mi rimbalzano nel ventre e si fermano nel busto. E’ un vento che gira e io non so orientarmi, l’unica cosa è rimanere fermi non dare seguito al movimento sfuggente; è più veloce della mia mente. Prego il Signore perché sappia ciò che voglio per il mio domani.
I secoli bui di cavalieri mercenari cavalcano le colline devastate delle campagne d’inverno. Io mi congedo da quelle storie digrignanti; un arco mi tende la mano, staziona nell’aria-terra, dentro umida, è nel buio oggetti e campanelle suonano vicine. Aah, quante voci parlano dentro.
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