sabato 22 dicembre 2012

"Padre Gian Lorenzo Berti da Seravezza Teologo del Settecento, tra rinnovamento dottrinario e accuse di Giansenismo" - di Massimo Tarabella

Padre Gian Lorenzo Berti da Seravezza è stato uno dei massimi teologi del Settecento, tuttavia ancora oggi è un illustre sconosciuto del nostro Comune, nonostante l’album biografico pubblicato dal maestro Lega, quasi trent’anni fa. Scopo di questa conferenza è riportarlo alla luce mettendo in risalto il ruolo che ebbe nel grande dibattito teologico che lo coinvolse contro vasti settori della Chiesa. La Chiesa cattolica del Settecento è un’istituzione in crisi: all’esterno per la progressiva perdita d’autorità nei confronti di un’Europa sempre più indipendente; all’interno per la distanza creatasi tra Gerarchia ecclesiastica e basso clero che ha facilitato un diffusa perdita di moralità, di costume e di senso spirituale tra i sacerdoti: impegnati più nelle attività di precetto e di servitù presso le grandi famiglie, che nella cura delle anime. Contro questo decadimento è avvertita, da parte di alcuni Ordini religiosi, la necessità di ritrovare la spiritualità perduta, ritornando alla tradizione più rigorosa dei princìpi di Sant’Agostino. In questo senso a Padre Berti viene affidato il compito di redigere un manuale di rigida formazione spirituale da adottare in tutte le scuole. Ma è un compito complesso e pieno di insidie: giuridiche, dottrinarie e “politiche”. I princìpi dell’ortodossia agostiniana sono già stati bollati di eresia, perché troppo affini alle dottrine del Baianismo e del Giansenismo; implica ritoccare le controversie secolari della Grazia e del Libero Arbitrio; comporta scontrarsi col sistema d’insegnamento vigente della Scolastica, quindi incontrare la resistenza dei Gesuiti, l’ordine più forte della Chiesa. Rendere “compatibile” la teologia del Berti all’interno di così stretti vincoli è impresa ardua anche per una mente abituata a giocare con distinguo e sillogismi. Di fatti, padre Berti troverà la peggiore dell’accusa: “Giansenismo”. Trascinato in una dura dialettica con la Chiesa francese prima, e con i gesuiti italiani poi, il Berti è chiamato a difendersi da tutte le critiche che gli piovono da mezza Europa. Benedetto XIV, preoccupato per l’unità della Chiesa, risolverà la vertenza imponendo il silenzio, e il manuale del Berti sarà adottato solo in alcune scuole. Successivamente, di lì a poco il Berti accetterà la cattedra di Storia della Chiesa all’Università di Pisa. Numerose sono le opere del Berti; da ricordare in particolare: il "Manuale di Storia della Chiesa"; le "Dissertazioni sulla Teologia de La Divina Commedia", e il suo intervento a favore dell’innesto del vaiolo nella pratica medica.

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